DUE RIVOLUZIONI (MOLTO DIVERSE) NELL’INGHILTERRA DEL 1600
L’INGHILTERRA entra nel Seicento con una monarchia assoluta (quella di Elisabetta I Tudor) ma, attraverso due rivoluzioni, diventerà alla fine del secolo (1688) una monarchia parlamentare.
Ricordiamo che in Inghilterra fin dal Medioevo (Magna charta libertatum 1215) esisteva il Parlamento, ovvero una grande assemblea formata dalla Camera dei Lords (nobili che ereditavano la carica) e dalla Camera dei Comuni (nobili e ricchi borghesi eletti democraticamente). Nel corso del Seicento, però, si scatenò un aspro conflitto tra Corona e Parlamento, aggravato anche da conflitti religiosi.
- Da una parte la grande nobiltà (duchi, conti, marchesi e vescovi anglicani), come pure i ricchi mercanti di Londra, erano fedeli alla Corona;
- dall’altra la piccola nobiltà (gentry) e la borghesia delle città (artigiani, commercianti, imprenditori delle manifatture), ovvero la parte più dinamica e economicamente attiva della società inglese sostenevano il potere del Parlamento.
Estintasi la dinastia Tudor, dopo la morte di Elisabetta (1603), in Inghilterra salì al potere Giacomo I Stuart (1603-1625, figlio di Maria Stuart) che era anche re di Scozia. Egli riunì Irlanda (cattolica), Scozia (calvinista), e Inghilterra (anglicana-puritana) in un unico regno. Giacomo I si scontrò con il Parlamento e attuò una serie di persecuzioni religiose contro i puritani che provocarono ondate migratorie, tra cui quella dei cosiddetti “padri pellegrini”, che nel 1620 a bordo della nave Mayflower raggiunsero le coste settentrionali dell’America.
La politica di Giacomo I fu continuata dal figlio Carlo I (1625-1649), che condusse una dura repressione contro i calvinisti inglesi (puritani) e i calvinisti scozzesi.
Anch’egli si scontrò con il parlamento che, convocato nel 1628 per l’approvazione di finanziamenti al re, chiese in cambio il riconoscimento della Petition of rights, con la quale si limitavano i poteri del sovrano. Per questioni di opportunità Carlo, seppur malvolentieri, firmò il documento, ma l’anno dopo sciolse il Parlamento e governò in modo assoluto per 11 anni. Nel frattempo dichiarò anche guerra alla Scozia che si rifiutava di aderire all’anglicanesimo.
PRIMA RIVOLUZIONE – OLIVER CROMWELL

Gli scontri tra Re e Parlamento sfociarono nel 1642 in una vera e propria guerra civile tra nobili sostenitori della monarchia e borghesi sostenitori del Parlamento. Questi ultimi furono guidati da Oliver Cromwell un abile uomo militare, membro del Parlamento e convinto puritano (calvinista inglese). Cromwell organizzò un esercito fedelissimo a lui, formato da soldati puritani il new model army (il nuovo esercito britannico) che sbaragliò l’esercito del re.
Nel 1649 il re, che era fuggito in Scozia, fu catturato e in seguito decapitato, la Monarchia fu abolita e fu istituita la Repubblica (Commonwealth d’Inghilterra, Scozia e Irlanda), mentre il figlio di Carlo II si ritirò in esilio in Francia. Nel 1653 Cromwell fu nominato Lord Protector: sciolse il Parlamento e governò il paese in modo autoritario; tuttavia favorì le spinte modernizzatrici in atto nella società e nell’economia godendo quindi di un certo consenso.
Dopo la morte di Cromwell (1658), però, il Parlamento, non fidandosi di suo figlio Richard, preferì restaurare la monarchia, chiamando sul trono Carlo II di fede anglicana che governò in modo assoluto fino alla morte (1685)
Il suo successore, il fratello Giacomo II, era invece molto vicino ai cattolici e il Parlamento, temendo che il nuovo re volesse restaurare il cattolicesimo in Inghilterra, chiese l’intervento di Guglielmo III d’Orange (governatore d’Olanda) protestante e imparentato con la dinastia Stuart.
LA “GLORIOSA RIVOLUZIONE”

Il 5 novembre (1688), Gugliemo III d’Orange sbarcò in Inghilterra pacificamente (Giacomo II fuggì in Francia) e fu proclamato re dal Parlamento. Nel 1689 con il “Bill of Rights” (dichiarazione dei diritti) l’Inghilterra divenne una monarchia parlamentare: questa fu la “gloriosa rivoluzione”, compiuta senza spargimento di sangue. In seguito fu anche concessa la libertà di culto ai puritani.
Alessandra Otteri Mostra tutti
ALESSANDRA OTTIERI, dottore di ricerca in Italianistica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” (1998) e assegnista presso lo stesso Ateneo nel biennio 2000/2002, è docente a contratto presso l’Università “L’Orientale” di Napoli (dal 2004).
Ha collaborato con la cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea presso il DIPSUM dell’Università degli Studi di Salerno. Presso lo stesso ateneo ha svolto attività di tutorato, didattico-integrative, propedeutiche e di recupero (2010-2012) e ha conseguito un secondo dottorato di ricerca (2013).
Nel 2012 ha partecipato all'ASN (abilitazione scientifica nazionale) conseguendo l'idoneità al ruolo di professore associato di Letteratura italiana contemporanea. È docente di materie letterarie nella scuola superiore.
Tra le sue pubblicazioni: I numeri, le parole. Sul ‘Furor mathematicus’ di Leonardo Sinisgalli (Milano, Franco Angeli, 2002); L’esperienza dell’impuro. Filosofia, fisiologia, chimica, arte e altre “impurità” nella scrittura di Valéry, Ungaretti, Sinisgalli, Levi (Roma, Aracne, 2006); Fillia poeta e narratore futurista. Dal “futurcomunismo” al genere “brillante” (Napoli, Guida, 2013, nuova edizione accresciuta; I ed. Napoli, Dante & Descartes, 1999).
Dal 2004 è caporedattore della rivista di letteratura e arte «Sinestesie», per la quale ha curato alcuni numeri monografici, e dal 2010 è direttore, insieme a Carlo Santoli, del supplemento «Sinestesieonline».
Nel biennio 2007/2008 ha scritto elzeviri, cronache letterarie e d’arte per la terza pagina dell’«Osservatore romano».
Studiosa delle avanguardie e di poeti e scrittori del Novecento (Fillia, Sinisgalli, Ungaretti, Caproni, Valery, Primo Levi, Scialoja), ha pubblicato saggi e articoli su riviste letterarie e d’arte («Filologia & critica», «Filologia Antica e Moderna», «Critica letteraria», «Annali dell’Istituto Universitario Orientale», «Quaderni di scultura», «Wuz», «L’Isola», ecc.).